Il
consumo di superalcolici, che nel complesso ha sofferto negli
ultimi anni della generale tendenza dei consumatori a ridurre
l'assunzione di alcolici, presenta andamenti alterni fra le
diverse tipologie di prodotti che ne compongono il variegato
universo, che non mutano comunque i connotati di un comparto
complessivamente in via di ridimensionamento.
Abbastanza vitali appaiono i consumi di white spirits, con
il rum in piena evidenza e i positivi risultati di vodka neutra
e gin; buona è anche la fase che caratterizza quelli
di liquori dolci, dove la crescita del limoncello si è
presentata recentemente come uno dei fenomeni più interessanti
dell'intero comparto alcolico.
In fase di flessione contenuta, ascrivibile a una fase di
raggiunta maturità, sono i consumi di grappe, whisky
e amari. La vodka flette complessivamente trascinata dalla
crisi delle vodke aromatizzate, mentre la vodka bianca mostra
un consumo abbastanza vitale. In deciso calo, che si protrae
oramai da anni, sono gli "spiriti bruni" cognac
e brandy.
In questo quadro complessivo, i consumi si stanno orientando
maggiormente, rispetto al passato, verso fenomeni moda - che
hanno ad esempio trainato recentemente le vendite delle creme
di whisky - e verso un'autogratificazione connotata da forti
aspetti emotivi, come nel caso del rum che riporta - sostenuto
dall'advertising - al mondo della festa caraibica.
Il successo del limoncello, che le aziende tentano di bissare
con il lancio di un prodotto per molti versi ad esso analogo
come il mirto, mostra come anche in un settore complessivamente
in flessione sia possibile individuare aree di sviluppo, attingendo
dalle tradizioni locali. Significativi, oltre lo stretto ambito
di questo liquore, sono diversi aspetti che ne connotano il
gradimento: il contenuto tenore alcolico, l'immagine di naturalità/tradizione,
la versatilità di consumo. Il limoncello è,
inoltre, un liquore poco impegnativo, che non presuppone particolari
conoscenze per poter essere apprezzato appieno.
A ben vedere, questi fattori di successo sono gli stessi
la cui assenza determina il calo di prodotti come brandy e
cognac. Su questo versante, i maggiori gruppi di produzione
e commercializzazione sono impegnati sotto il profilo della
comunicazione in un'opera di "semplificazione" del
consumo, accoppiandovi concetti accessibili a tutti, con il
fine di alleggerire la scelta della marca.
Fuori da questi canoni, resta l'onda lunga di una tendenza
del consumo alcolico a diminuire le quantità in favore
dell'innalzamento della qualità. Specie in quei segmenti
del mercato - whisky, grappe, brandy - dove maggiori sono
i picchi di qualità delle migliori produzioni. Diminuiscono,
quindi, i forti consumatori di superalcolici, mentre si amplia
la parte dei consumatori attenti ad un consumo moderato di
prodotti di qualità.
I quali stanno sospingendo il successo del segmento dei whisky
premium, che sul mercato pesano in volume meno del 3%, ma
che viaggiano con tassi di incremento al raddoppio anno dopo
anno.
Si stima che su 10 atti d'acquisto, 8 riguardino la funzione
di prodotto-regalo, mentre la penetrazione dei superalcolici
in famiglia varia sensibilmente a seconda della tipologia
di prodotto: da attorno al 60% per whisky grappe ed amari,
giù al rabarbaro che è presente in circa il
10% delle famiglie italiane.
Va rilevato, con riferimento al canale della grande distribuzione
organizzata, che negli assortimenti - insieme ai prodotti
dalle maggiori quote di mercato - trovano spazio marche di
fascia elevata che certamente originano basse rotazioni, ma
portano elevati margini e valorizzano il servizio offerto
alla clientela.
E' ormai facile trovare, nei punti di vendita della gdo di
dimensioni medio-grandi, ad esempio, whisky di pregio dal
costo elevato, o grappe monovitigne di alta qualità.
Il tutto, in un mercato in cui le marche commerciali sono
pressoché assenti e le politiche di prezzo sulle brand
più importanti costituiscono per le catene di supermercati
uno strumento largamente utilizzato al fine di rafforzare
la propria immagine di convenienza.
Gli ultimi dati aggiornati nell'Italy Report Food 2010
Le quote di mercato in valore e in volume...I canali distributivi che crescono...Lo sviluppo dei consumi nelle aree geografiche...Il peso e l'evoluzione dei segmenti...
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